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Poesie – Cecília Meireles

Poesie - Cecília Meireles
Secondo lo scrittore e poeta Mario de Andrade (1893-1945), l’opera di Cecília Meireles (Rio de Janeiro 1901-1964) costituisce un parametro di qualità come pochi nella storia della letteratura brasiliana.

«Abitatrice delle spiagge, di alte spume», come confessa nella poesia ‘Spiaggia’, Cecília Meireles ha cercato sempre di percorrere il suo cammino da solitaria, in margine a gruppi e a movimenti letterari. Non per questo ha rinunciato a introdurre nella sua poetica elementi estetici delle principali correnti nelle quali andava delineandosi, ai suoi tempi, la letteratura brasiliana. E, infatti, nei suoi versi si armonizzano un certo simbolismo e una straordinaria libertà ritmico-formale. Essi sono espressione di una esperienza lirica che trova corrispondenza solo in poeti come Rilke, Tagore e Lorca. Cecília porta alle estreme conseguenze l’invenzione poetica come «sentimento trasformato in immagine» secondo la felice espressione di Benedetto Croce. Ciò che conta però è constatare, come la stessa Meireles sostiene, che «la poesia è un grido, ma un grido trasfigurato».

Cecília Meireles, considerata oggi dalla maggior parte dei critici come la più grande poetessa di lingua portoghese, ha pubblicato un’infinità di componimenti poetici, ma anche vari libri e articoli in prosa. Numerosi sono gli inediti. Vero caso di poesia assoluta, la sua opera colpisce per la rigorosa fedeltà a un numero limitato di temi (intendendo con questo termine tutto ciò che è pertinente al soggettivo) e allo stesso tempo per la grande varietà delle forme e dei motivi (intendendo per motivi: correlazione oggettiva che permette di uscire dalle angustie della pura espressione oggettiva).

La dolorosa sensazione che «forse il mondo è nato giusto / ma poi è diventato sbagliato», un sentimento di colpa incombente sulla «umana inadeguatezza e le contraddizioni umane»; la convinzione che «il pensiero è triste / l’amore insufficiente»; infine che «la vita, la vita / la vita solo è possibile / reinventata»: tali sono i temi fondamentali di Cecília Meireles in quella perenne reinvenzione della vita che è la sua poesia, in cui si sviluppano i motivi più variegati che vanno dalla percezione e trasfigurazione del quotidiano al soprassalto per l’immensità cosmica.

Mirella Abriani

I remi battono le acque:
devono ferire per andare.
Le acque vanno acconsentendo,
questo è il destino del mare. 

Amanti

Sul gradino dell’inverno a turno,
si sederono gli amanti.
Stai crescendo tra le loro spalle
denso bosco di impossibili,
con molti rami scuri.

Un denso bosco di spine
stai crescendo tra le loro labbra
Pallide parole secche,
foglie di addii,
ombra di confusa angustia
nella curva giovane della bocca,
nel dolce luogo dei baci.
Così persi, così soli
per intimi sentieri!

Innanzi a loro, le statue,
eternamente avviluppate,
gloriosamente nude,
profondamente soavi,
con luminosità di primavera
nell’eterea aspetto marmoreo…
(Festivi corpi di pietra!)

Noi amanti umani,
il corpo è lento e pesante,
lunga rete su cui scorrere le lacrime
nelle vaste sabbie dell’anima.

Il Tempo Secca l’Amore

Il tempo secca la bellezza,
secca l’amore, secca le parole.
Lascia tutto libero, lieve,
separato per sempre
come i granelli di sabbia nelle acque.

Il tempo secca la nostalgia,
secca i ricordi e le lacrime.
Lascia qualche ritratto, appena,
vagando asciutto e vuoto
come queste conchiglie di spiaggia.

Il tempo secca il desiderio
e le sue vecchie battaglie.
Secca il fragile arabesque,
vestígio del muschio umano,
densa torba mortuaria.

Aspetterò il tempo
con le sue aride conquiste.
Aspetterò che ti secchi,
non sulla terra, Amor-Perfetto,
in un tempo dopo le anime.

Dalla vita alla Vita, fughe sospese.

Per pensare a te tutte le ore fuggono:
il tempo umano spira in lacrima e cecità.
Tutto è spiagge dove il mare affoga l’amore.

Voglio l’insonnia, la vigilia, una chiaroveggenza
di questo istante che abito – ah, mio dominio triste!,
isola dove io stessa non so fare nulla per me.

Vedo il fiore, vedo nell’aria il messaggio delle nuvole
– e nella mia memoria sei immortalità –
vedo le date, ascolto il mio stesso cuore.

E dopo il silenzio. E i tuoi occhi aperti
nei miei chiusi. E questa assenza sulla mia bocca:
poiché so bene che parlare è uguale a morire.

Vado a fasi, come la luna

Ho fasi, come la luna
fasi per stare nascosta,
fasi per scendere in strada…
Perdizione della mia vita!
Perdizione della vita mia!

Ho fasi per essere tua,
e altre per stare da sola.
Fasi che vanno e vengono,
nel calendario segreto
che un astrologo arbitrario
ha inventato per me.
E svolge la malinconia
il suo interminabile fuso!

Non mi trovo con nessuno
(ho molte fasi come la luna…)
Se un giorno qualcuno può essere mio
non è il mio giorno di essere sua…

Spiagge

Sono abitatrice delle sabbie, di alte spume:
le navi passano per le mie finestre
come il sangue nelle mie vene,
come i piccoli pesci nei fiumi…
Non hanno vele e hanno vele;
e il mare ha e non ha sirene;
e io navigo e sto ferma,
vedo mondi e sono cieca,
perché questo è un male di famiglia,
essere di sabbia, di acqua, di isola…
E persino senza barca naviga chi al mare è stata destinata.
Dio ti protegga, Cecilia,
che tutto è mare e niente più.

Fatti a immagine del mare

Non cercare là.
Ciò che è, sei tu.
Sta in te.
In tutto.
La goccia è stata nella nuvola.
Nella linfa.
Nel sangue.
Nella terra.
E nel fiume che si è aperto nel mare.
E nel mare che si è coagulato in mondo.
Tu hai avuto un destino così.
Fatti a immagine del mare.
Datti alla sete delle spiagge.
Datti alla bocca azzurra del cielo.
Ma fuggi di nuovo a terra.
Ma non toccare le stelle.
Torna di nuovo a te.
Riprenditi.

Amore Perfetto

In quella nuvola, in quella,
Ti mando il mio pensiero;
Che Dio si occupi del vento.

I sogni furono sognati,
Accettata la sofferenza,
E dove sei, amore perfetto?

Immensi giardini dell’insonnia,
Da uno sguardo di addio
Diedero fiori per tutta la vita.

Ahi di me che sopravvivo
Senza il cuore nel petto,
E dove sei, amore perfetto?

Lontano lontano, oltre l’oceano
Che nei miei occhi si alza,
Tra palpebre di sabbia…

Lontano lontano… Dio ti custodisca
Sopra il Suo lato destro,
Come io ti custodivo dall’altro lato,
Notte e giorno, amore perfetto.

Canzone

Misi il mio sogno in un’imbarcazione
e l’imbarcazione in mare;
– dopo, separai il mare con le mani,
per far naufragare il mio sogno.

Le mie mani ancora sono bagnate
del blu delle onde dischiuse,
e che il colore che scorre dalle mie dita
colori le sabbie deserte.
Il vento sta arrivando da lontano,
la notte si curva per il freddo;
sotto l’acqua va morendo
il mio sogno, dentro un’imbarcazione…
Piangerò quanto sarà necessario
per far ingrossare il mare,
e arrivare in fondo la mia imbarcazione
e il mio sogno far sparire.
Dopo, tutto sarà perfetto:
spiaggia rasa, acque ordinate,
i miei occhi aridi come roccia
e le mie mani infrante.

Strumento

Il flauto agreste e l’arpa d’oro
lasciano che qualcuno li accordi
con blando polso e lieve soffio.
Hanno memoria di acqua e vento
e – oltre ai mondi deliranti –
del silenzio, o etereo silenzio!
I loro poteri di eternità
fanno immenso e indimenticabile
il suono più transitorio e soave.
Avvicinati concentrato e cauto,
che tutto l’universo ti ascolta!
Frase inutile, sospiro falso
vibrano così intensamente
che la mano si arresta, il labbro si inumidisce,
per timore del loro stesso inganno.
E l’eco senza perdoni lo ripete
per un udente sovrumano.

Reinventare

La vita solo è possibile
reinventata.
Va il sole per le pianure
e passeggia la mano dorata
nelle acque, nelle foglie…
Ah! tutto bollicine
che vengono da profonde piscine
di illusionismo… – niente più.
Ma la vita, la vita, la vita,
la vita solo è possibile
reinventata.
Viene la luna, viene, toglie
le catene dalle mie braccia.
Mi lancio in spazi
pieni della tua Figura.
Tutta menzogna! Menzogna
della luna, nella notte buia.
Non ti trovo, non ti raggiungo…
Sola – nel tempo equilibrata,
mi libero dell’oscillare
che al di là del tempo mi porta.
Sola – nelle tenebre,
rimango: ricevuta e data.

Perché la vita, la vita,
la vita solo è possibile
reinventata.

Firenze

Pietre di Firenze
O pietre di Firenze,
dove i giorni sono miti
come colombi dormienti,
e le voci si dissolvono
dolcemente arcaiche…
Viva è sempre la memoria
dei poeti, fra statue,
e nell’ombra dei ponti,
vi è cenere di incontri…
O pietre di Firenze
che il tempo eternamente
avvolge, leviga, consuma,
torri, logge, facciate…
E non parlo delle pietre
dove i vivi passano veloci,
né dei muri perfetti
dove i profili risvegliano
la loro eternità.
Parlo delle semplici pietre
dei freddi cimiteri,
quei marmorei libri
dalle pagine così levigate,

di quelle lettere di addio,
di eloquente nostalgia,
tanto commossa e tenera
gentilezza delle lacrime.

O pietre di Firenze,
mani di giglio posate
sull’orizzonte del mondo,
vicino alla spiaggia delle anime…

Richiesta

Desidero una fotografia
come questa – vede? – come questa
in cui per sempre me la rida
come un vestito d’eterna festa.
Siccome ho la fronte buia
versi luce sulla mia testa.
Lasci questa ruga che mi presta
una certa aria di saggezza.
Non metta fondali di foresta
né di fantasia arbitraria.
No… in questo spazio che ancora resta
ponga una sedia solitaria.

Nuotatore

Ciò che mi incanta è la linea alata
delle tue spalle, e l’arco
che descrivi, uccello acquatico!
È la tua sottile, agile vita,
e questo addio della tua gola
a cimiteri di spuma!
È la partenza, che m’incanta,
quando ti libri nel vento,
fedele alla caduta, rapida e dolce.
E appena per star prevedendo,
lontano, nell’eternità dell’acqua,
il sopravvivere del tuo atto…

Motivo

Canto perché l’istante esiste
e la mia vita è completa.
Non sono allegro né triste:
sono un poeta.

Fratello delle cose fuggitive,
non provo piacere né afflizione.
Attraverso notti e giorni
nel vento.

Se demolisco o edifico,
se sono o mi annullo,
non so, non so. Non so se rimango
o passo.

So che canto. E il canto è tutto.
Ha sangue eterno l’ala ritmata.
E un giorno so che rimarrò muto:
– più niente.