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La morte a Venezia – Thomas Mann

La morte a Venezia
“La Morte a Venezia” è un romanzo breve sul significato della Vita, della Morte e della Bellezza. Un capolavoro assoluto. Il protagonista del romanzo è il cinquantenne Gustav von Aschenbach, scrittore celebre, teso a una costante ricerca estetica. Gustav dopo una vita totalmente dedicata alla creazione metodica e fruttuosa, sente il feroce e impetuoso desiderio di viaggiare, provare nuove sensazioni, esperienze, cambiamenti. Si reca quindi nella bella Venezia, dove spera di rigenerarsi. Nel lussuoso albergo dove risiede è folgorato dalla sofisticata bellezza di un giovane polacco, Tadzio. Questo incontro scatenerà in Gustav una forte e inaspettata attrazione facendo emergere il desiderio del proibito e l’illusione di ritrovare una giovinezza ormai perduta. Senza che i due si parlino mai, si crea tra di loro un’ambigua intimità: Aschenbach vive la sua passione estenuandosi in una lunga e voluttuosa ricerca del giovane per le calli veneziane. Ma corre voce che si siano verificati casi di colera asiatico in città. E Venezia stessa diviene a poco a poco una capitale di morte. Uno dei libri più belli sulla Serenissima. Lettura consigliata soprattutto a chi intende avvicinarsi a questo grande scrittore.

Riposare nella perfezione è il sogno di chi s’affatica per giungere all’eccellenza

Questa era Venezia, la bella lusinghiera e ambigua, la città metà fiaba e metà trappola,, nella cui atmosfera corrotta l’ arte un tempo si sviluppò rigogliosa, e che suggerì ai musicisti melodie che cullano in sonni voluttuosi.

Estratto:

La vista della spiaggia, quello spettacolo di gente civile che sull’orlo dell’elemento si abbandona a una gioia sensuale e spensierata, lo dilettò e lo rallegrò come non mai. (…)
Davanti alla lunga schiera delle capanne e alle loro piattaforme, su cui sedeva la gente come su piccole verande, era vivacità di moto e pigro allungarsi nel torpore; si scambiavano visite e conversari, accurate eleganze mattutine si affiancavano alle nudità che audaci e placide assaporavano la libertà concessa in quel luogo. (…)
«Rimarrò, dunque» si disse Aschenbach. Dove poteva star meglio? E, giunte le mani in grembo, lasciò che i suoi occhi errassero nella lontananza marina, che il suo sguardo scivolasse, si perdesse, si frangesse nella caligine monocroma dello spazio deserto. Da profondi motivi nasceva il suo amore per il mare: bisogno di riposo dopo il duro lavoro dell’artista che, dinanzi all’invadente multiformità delle apparenze, aspira a rifugiarsi in seno all’immensa semplicità; e nello stesso tempo, una tendenza colpevole, affatto opposta al suo compito e appunto perciò piena di seduzione, verso l’inarticolato, l’indeterminato, l’eterno: verso il nulla. Riposare nella perfezione è l’anelito di chi si affatica verso l’eccelso; e non è forse anche il nulla una forma di perfezione? Ma proprio mentre sprofondava nel vuoto di queste riflessioni, ecco tutto a un tratto, sull’orizzonte della sponda, stagliarsi una figura umana; e appena il suo sguardo si risollevò dall’infinito e riuscì a fissarsi, riconobbe il bel fanciullo. 
[…]
Niente è più singolare, più imbarazzante che il rapporto tra due persone che si conoscono solo attraverso gli occhi, che si vedono tutti i giorni a tutte le ore, si osservano e nello stesso tempo sono costretti dall’educazione o dalla bizzarria a fingere indifferenza e a passarsi accanto come estranei, senza saluto né parola. Fra di loro c’è inquietudine ed esasperata curiosità, l’isteria di un bisogno insoddisfatto, innaturale e represso di conoscersi e di comunicare e soprattutto una sorta di ansiosa attenzione. Infatti l’uomo ama e onora l’uomo fino a che non è in grado di giudicarlo, e il desiderio è il frutto di una conoscenza incompleta

Thomas Mann, La morte a Venezia, 1930 – Traduzione di Emilio Castellani
Copertina di Marcello Dudovich