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Cecita’ – Josè Saramago

Robert Musil - L'uomo senza qualitàPubblicato nel 1995, “Cecità“, con il titolo originale “Ensaio sobre a Cegueira” (Saggio sulla cecità), narra di una misteriosa epidemia che esplode in una città e in un tempo non precisati, rendendo ciechi la maggior parte dei suoi abitanti. Segregati in un ex manicomio, i ciechi giungono a un totale abbrutimento fisico e psichico, ma una persona, una donna, conserva intatti la vista e il senso morale.
La situazione dipinta da Saramago è ai limiti della realtà. E’ una lucida analisi del comportamento umano nelle situazioni estreme, e anche in quelle quotidiane. E’ inoltre una maniera estremamente originale di dimostrare che chi non vede, in realtà, riesce a vedere molte più cose di coloro a cui gli occhi funzionano. Lo stile con cui il tutto viene narrato è, particolare, senza i tratti di punteggiatura che si utilizzano abitualmente per dare enfasi ai dialoghi, alle frasi, ai pensieri.  I dialoghi sono flussi di parole che a volte occupano pagine intere, raccolti in un’unica frase e separati solo da virgole. 
Questo libro  fa riflettere, commuovere, intristisce. Ma è insieme la descrizione di una società in cui i peggiori sopraffanno, in cui dilaga l’indifferenza, in cui anche l’umiliazione è quasi ridicolizzata, e in cui l’unico barlume di speranza è una donna che vede, tra i ciechi, la cui forza si trasmette anche a pochi compagni. Alla fine, tra la sporcizia, il cedere agli istinti più animali, l’ipocrisia e tutto il peggio possibile, la speranza c’è. Basta saperla cogliere. Un libro di rara intensità.

Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non vedono.


Estratto
:

Quella sera ci furono di nuovo lettura e audizione, non avevano altra maniera di distrarsi (…) Adesso non c’è altra musica all’infuori di quella delle parole, e le parole, soprattutto quelle dei libri, sono discrete, anche se la curiosità spingesse qualcuno del palazzo a mettersi in ascolto dietro la porta, costui non sentirebbe altro che questo mormorio solitario, questo lungo filo di un suono che potrebbe prolungarsi all’infinito perché i libri del mondo, tutti insieme, sono come dicono sia l’universo, infiniti. Quando, a notte fonda, la lettura terminò, il vecchio dalla benda nera disse, A questo siamo ridotti, a sentir leggere, Io non mi lamento, potrei restare così per sempre, disse la ragazza dagli occhiali scuri, Neanch’io mi sto lamentando, dico solo che serviamo soltanto a questo, a sentir leggere la storia di un’umanità esistita prima di noi, approfittiamo della combinazione che ci siano ancora un paio d’occhi aperti, gli ultimi rimasti, se un giorno si dovessero spegnere, non voglio neanche pensarci, allora il filo che ci unisce a quell’umanità si spezzerebbe, sarebbe come se ci stessimo allontanando gli uni dagli altri nello spazio, per sempre, e ciechi loro tanto quanto noi, Finché potrò, disse la ragazza dagli occhiali scuri, manterrò la speranza, la speranza di ritrovare un giorno i miei genitori, la speranza che compaia la mamma di questo ragazzo, Ti sei dimenticata di parlare della speranza di tutti, Quale, Quella di recuperare la vista, Avere certe speranze è una follia, Allora ti dico che, se non fosse per quelle, avrei già rinunciato alla vita, Fammi un esempio, Vedere di nuovo, Questo lo conosciamo già, fammene un altro, No, Perché, Non ti interessa, E come sai che non mi interessa, cosa credi di conoscere di me per decidere, per tuo conto, ciò che mi interessa e ciò che non mi interessa, Non ti arrabbiare, non avevo intenzione di ferirti, Gli uomini sono tutti uguali, pensano che basti esser nati dalla pancia di una donna per sapere tutto delle donne, Io delle donne so ben poco, e di te niente, e quanto a essere un uomo, per me è acqua passata, ora sono un vecchio, e guercio, oltre che cieco, Non hai nient’altro da dire contro te stesso, Tante altre cose, non immagini neanche quanto la lista nera delle autorecriminazioni vada aumentando a mano a mano che gli anni passano, Io sono giovane, e già ne sono ben fornita, Ancora non hai fatto niente di veramente cattivo, Come puoi saperlo, se non hai mai vissuto con me, Sì, non ho mai vissuto con te, Perché hai ripetuto con quel tono le mie parole, Quale tono, Quello, Ho detto solo che non ho mai vissuto con te, Il tono, il tono, non fingere di non capire, Non insistere, ti prego, Invece sì, ho bisogno di sapere, Torniamo alle speranze, Va bene, L’altro esempio di speranza che ho rifiutato di fare era quello, Quello, quale, L’ultima autorecriminazione della mia lista, Spiegati, per favore, le sciarade non le capisco, Il mostruoso desiderio di non recuperare più la vista, Perché, Per continuare a vivere così, Vuoi dire tutti insieme, oppure insieme a me, Non costringermi a rispondere, Se fossi soltanto un uomo potresti sottrarti alla risposta, come fanno tutti, ma tu stesso hai detto che sei un vecchio, e un vecchio, se l’aver vissuto tanto ha ancora un senso, non dovrebbe voltare la faccia davanti alla verità, rispondi, Insieme a te.

Da: Cecità di José Saramago – Traduzione di Rita Desti